Il ritorno.

Sono tornato. E’ finito il mio peregrinare per gli States. Dentro mi porto molto. Moltissimo. L’avventura è stata magnifica, entusiasmante, stancante fino allo sfinimento in certi momenti, frizzante e piena di energia in altri. La California è come me la sono sempre immaginata, solo mille volte di più. In generale. Di più.
Los Angeles ci ha dato il benvenuto, sorniona, ben cosciente di essere in cima ai pensieri di molti, di essere la meta sempre desiderata. Decine di sfaccettature con venature differenti, o con solchi tracciati da differenze socio-culturali comunque marcate. Al di là delle varie Hollywood, Beverly Hills, Venice Beach, credo che più mi rimarrà dentro Malibù. Semplicemente per quella spiaggetta apparentemente anonima sulla quale abbiamo sonnecchiato, mirando decine di surfisti cercare la loro onda. Magari quella celebre onda perfetta, un po’ come noi, alla ricerca di noi stessi e dei nostri desideri, su e giù per strade rese mitiche da libri, da film. Da personaggi che ne hanno marchiato il cemento.
San Francisco, Frisco per il Kerouac che mi ha aiutato a capire, grazie al pensiero dei miei amici. Per la mia piccola e patetica vena poetico-letteraria, San Francisco ci ha visti suoi figliocci in modo timido ed introverso. Quasi tenendoci d’occhio; con la coda del suo occhione gigante. Lasciandoci fare. Lasciandoci succhiare il suo passato, il suo presente, ovunque nelle sue vie. Nelle sue salite e discese, ricche di homeless senza identità e senza futuro, se non quello di una vita che scorre con l’unico obiettivo del sostentamento quotidiano, di qualche cosa da mettere nello stomaco. Persi nei meandri dei loro cervelli, io credo, indecifrabili.
Las Vegas, in perenne abito da sera, ma priva di una sostanza, priva di una sua identità. Quadratino di perdizione e rovina sul mappamondo di ognuno di noi. Altezzosa ostentatrice di un lusso e di una bellezza che in un qualche modo non le appartengono, non le si addicono. Scaltra predatrice degli scenari più invitanti del globo, presentati al servizio dei suoi ignobili scopi.
Yosemite, Sequoia Park, trionfo naturale di bellezza ed eleganza di alberi secolari e di animali in fuga da un uomo quantomai curioso e desideroso di una sintonia con il regno animale oramai smarrita.
Il Gran Canyon. Il Gran Canyon. Quanto di più spettacolare io abbia mai visto. Un dipinto incredibile scagliato alla bocca dello stomaco. Ti lascia senza fiato e stordito, a cercare di capire chi o cosa possa aver creato una simile meraviglia.
Il tramonto è stato il trucco che ne ha esaltati contorni e rughe. Gli anni e le intemperie che lungo la sua millenaria vita ne hanno addolciti i contorni o aguzzato le vette.
Miami. Miami Beach. I suoi turisti. I suoi portoricani, la passione per Scarface. L’uragano Ernesto. La vita vissuta a mille all’ora, nel continuo tentativo di raggiungere il suo scopo: regalare a chi attraversa le sue vie divertimento e trasgressione. Le spiagge affollate di giorno e Ocean Drive che pulsa la notte.
E poi New York. La Grande Mela. Una realtà al di fuori di tutto e tutti. Il mondo all’interno di una singola città. Il passaggio dai “Bro” della west coast ai “Sir” della east di Manhatttan. Migliaia di persone profondamente persi nei fatti loro, così tremendamente differenti gli uni dagli altri da essere perfettamente amalgamati

Aosta. Rivivere il ritorno come cambiamento, la partenza come senza ritorno. Il ritorno. La vita conosciuta. Gioie. Passioni e affetti. La serenità perduta. Il copione che ti scivola dalle mani. Le certezze che scricchiolano, le sabbie mobili dell’angoscia. La paura di perdere tutto, quando ormai è troppo tardi per riprendere il controllo. Impotente ti osservale mani. Lentamente abbracciano il viso, quasi a consolare la smorfia di dolore e tristezza. Ti scruti cuore e cervello in cerca di risposte. Di domande. E di risposte alle domande.
Le scelte si presentano innanzi ai tuoi occhi, come target da colpire. Ma spari a salve. Vivi alla giornata, pur cosciente del pericolo. Fingi impassibilità, mentre dentro di te il castello di carte pericolosamente vacilla. Perché è di ciò che si tratta. Un castello di carte. E’ la vita, man. E’ il gioco. Azzardo e rischio. Imprevisti e apparenti certezze. Abbassi la guardia. Il target è a due centimetri dal tuo naso, di lì a poco tumefatto, colpito senza pietà. Guardi il soffitto, sperando si apra in due per calare ciò che cerchi. Bro’, non dipende più da te. Anyway the wind blows ed il sole sorgerà nuovamente, ti abbaglierà e quando il flash lascerà spazio ai colori, non capirai cosa merda è successo. Il pugno di mosche nelle tue mani volerà via. Né il perché, né il quando ti sembreranno chiari. Le tue domande resteranno orfane di risposte, orfane. Kora Kora. Note soavi nel tuo cervello. Ti cullano nell’oblio dell’alcool che speravi celasse la cosa. Il punto di non ritorno è a pochi passi e per Dio fa male. Paura e male cane. Il perché è nascosto, in parte in te, in parte nella tua metà. Ma il puzzle non si compone. Ti agiti. Ti dimeni. Maledici il recente passato. Vorresti tornare indietro e stringere forte a te ciò che ora è tremendamente scivoloso. Damn it. Dannazione. I chilometri sono roccia che sfilaccia la corda tesa. Il futuro è appeso ad un filo. E la tua gatta dorme. A pochi centimetri da te. Discover America, Penguin. Fuck. Accarezzi e cerchi conforto, ma sta scivolando. Ave Morfeo. Rapisci. E porta via. Ma il reset non c’è. E lo sfogo annega. Si quieta. Smette di dimenarsi in mezzo all’oceano. La costa è lontana. Che farai.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

otto ohm... sottile riferimento..
sei tu l'uomo con la valigia?!

Anonimo ha detto...

minchia era ora!! becchiamoci prossimamente ;)
...ho notato il link del vecchio blog, aggiornalo che non esiste più! :D
...io intanto mi do ai getaway :D

coffe900.iobloggo.com

ciao grande!!! e vai cambiasso!!

takajiro ha detto...

..sempre con la guardia alta..

takajiro ha detto...

bella johnny..procedo all'aggiornamento e appena sono dalle tue parti ti chiamo!

 

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