Con il rischio di ripetermi, mi ripeterò.


Non è difficile ricordare quella famosa metafora della vita come una scatola di cioccolatini, perché non sai mai quello che ti capita. E non è neppure difficile essere d’accordo.

Naturalmente, ci sono numerosi ulteriori modi per descrivere la vita o provare a sintetizzarla, a stiparla in una definizione o in una figura metaforica. Ed in un certo qual modo, ne ho razionalizzato uno.

Nel corso della settimana appena conclusa, a lungo ho avuto tempo e modo di pensare.

Non che abbia partorito nulla di indimenticabile, va subito chiarito, ma sono giunto a superare il punto di vista di Forrest Gump che – d’altro canto – si era dimostrato un ottimo corridore, ma non un cicloamatore.

Sì, perché un viaggio in bicicletta è una gran bella sintesi della vita, a ben guardare.

Si attraversa a velocità variabile un contesto fatto di cose piacevoli, meravigliosamente belle ed altre dannatamente brutte o poco interessanti. E nel mentre si suka (termine francese tardo ottocentesco). Si lavora sodo per andare avanti e la strada talvolta è una pista liscia, lucida e priva di imperfezioni, altre volte le cose sono improvvisamente ardue e trovi ostacoli o vivaci pendii che ti separano dai tuoi traguardi. E nel mentre, hai un gran male al culo.

Devi per forza contare su te stesso, sulle tue energie fisiche e soprattutto su quelle mentali, ma devi imparare ad affidarti agli altri e ad accettare e apprezzare pregi e difetti, punti di forza e di debolezza, amalgamandoli ai tuoi, per bilanciare bene i pesi.

Ti trovi a doverti attrezzare nel miglior modo possibile, senza che questo rallenti il tuo cammino, misurando ciò di cui hai bisogno con ciò di cui puoi fare a meno, facendo leva sulla capacità di adattamento. 

Devi importi un certo ordine, perché nelle sacche non trovi mai quello che cerchi, ma solo quello che loro vogliono farti trovare; non devi perdere la concentrazione, pur lasciandoti distrarre dall'esperienza che stai attraversando.

Durante un viaggio in bicicletta, proprio come nel corso delle tue primavere, puoi modulare lo sforzo, la velocità con cui decidi di fare le cose, assecondando i tuoi bisogni: i momenti di sosta, il tempo di rifocillarti, le risate e gli attimi di riflessione. Devi controllare che il mezzo funzioni e non dare nulla per scontato.

Bici pesanti, testa e cuore leggeri. La compensazione dà origine a qualcosa di bello.

Ci siamo riempiti gli occhi ed i polmoni di profumi e di colori, di paesaggi e di puzza. 

Sì perché la realtà puzza. E puzza anche la fatica e non c'è niente di male in questo. La fatica è impegno, è sacrificio per qualcosa in cui si crede o per qualcosa che ci fa stare bene, che ci aiuta a stare bene.

E ci sono poche scorciatoie.

Percorrere chilometri per scoprire cose nuove, per gonfiare i muscoli ed arricchire la mente, per stimolare la chimica naturale che circola nel nostro corpo e che ci fa sentire beatamente vivi e parte di qualcosa che improvvisamente ha un senso, fosse anche semplicemente quello di farsi mirare e stuzzicare una psiche assopita dal quotidiano. 

In quegli istanti, è come se tutte le cose di cui hai bisogno e piacere fossero al medesimo istante dentro di te. Affetti, Amori. I tuoi dolori, le cicatrici e gli insegnamenti. Tutto lì. Distante nello spazio e nel tempo, ma vicino in una dimensione metafisica. 

È come avere per le mani una grande summa. In pace e patta. 

Non hai bisogno di nulla, perché tutto è lì. In una forma di trascendenza poco spiegabile.

And it's still alright.

Facciamo quello che facciamo, perché ci piace, ci ispira e, forse un po' narcisisticamente, pensiamo possa ispirare. 

Non c'è nulla di condannabile in questo. È un modo genuino per provare a condividere, a spiegare, a convincere che è bello e che fa bene. 

Che se ci riesco io, lo puoi fare anche tu. Meglio, peggio, diverso: non ha nessuna importanza.

Il resto è storia.

Storia nostra. 

Poco importa a chi importi. 

È lì, seminata nel solco che abbiamo tracciato e che ci resterà per sempre impresso.


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