Ma sei sempre in giro.

Ci sono poi quelle volte lì. Quelle in cui vorresti dire talmente tante cose, che forse la roba migliore che puoi fare, è startene zitto. Che poi, nel mio caso, è una delle cose che mi riesce meglio in generale.
Stare zitto, intendo.
Allora? Devi darti da fare, eh.
Il silenzio a me toglie imbarazzo. Riempie. Quanto meno il paradosso, se vuoi. Però almeno non rischio di dimenticare nulla. Annuso l'aria e guardo i volti. Seguo i gesti. Incrocio gli sguardi. Tendo le orecchie ai rumori, ai bisbigli oppure al vociare di più persone, che compone un sottofondo, dal quale di tanto in tanto emerge una parola, una frase. Prive di ambito, balzano fuori e subito diventano parte di quell'altro contesto lì.
Quelle volte, quelle, non c'è mica tanto da aggiungere a parole.
Vuoi che ti prepari qualcosa? Vuoi bere? Mangiare?
Una cosa perfida, ingannevole e dolorosa è il ricordo. Il ricordo dei ricordi. Quelle carezze lontane, quella pazienza infinita. Quella protezione che trascende la fatica ed il comune sforzo. Ironia, risate e raccomandazioni. La dicotomica perversione è che tutto questo è anche la cosa più bella, profonda ed esplosiva che ti rimane dentro la testa, dentro agli occhi.
Che ti rende così difficile aprire lentamente le dita, per lasciare partire la mano che stai stringendo, perché la sua natura qui è terminata ed è giusto che si incammini.
Ho pensato a lungo nelle ultime ore ed è mica una cosa che faccio spesso, questo è fuor di dubbio. Mi sono chiesto se esista un modo per restituire il bene ricevuto. Parlo in generale. Una riflessione. Mi sono chiesto come fa uno a saldare questo debito. Forse il conto è aperto, destinato a chiudersi con il tempo, quando ciò che hai in tasca verrà destinato, briciola dopo briciola, a chi camminerà al tuo fianco. In fin dei conti è bello pensarlo. Romantico.
E' delicato invece impegnarsi a non scordarselo.
Questa bisaccia zeppa di emotività.
Sono vecchia, mi da pensiero.
Sto gettando queste parole sulla tastiera senza un criterio, perché vengono fuori disordinate, così come riaffiorano i ricordi. Le promesse. E le volte in cui ho pensato ad un momento come questo. Sto cercando di fare pulizia. Consolato dalle note di questo pianoforte.
Ho scattato alcune istantanee, di quelle che ti porti volentieri in viaggio, quelle che ogni tanto sbirci per non scordare o per scaldarti il cuore. Per farti venir fuori un sorriso, per non far svanire le figure che il tempo sbiadisce e assottiglia nei contorni. Le ho infilate nella tasca della tua valigia, così le troverai ogni volta che lo vorrai.
Come sta la bambina?
Ho pensato di farlo perché mi sono accorto di quanto potente sia una piccola vita e di quanto l'incoscienza, la genuinità siano bellezza. Allo stato puro. Di quanto potere ci sia nel sorriso di mia figlia e di come quella smorfia potrebbe spostare il mondo intero per quel che sprigiona. Credo celi una formula segreta. Che ha funzionato fin da subito, fin da quando...dammela un po' qui. Finanche a quel giorno lì, che ho sperato così tanto potesse ancora esserci che ero emozionato. E ringrazio il cielo - o chi per lui - che ci sia stato, quel giorno.
Quando vi siete guardate negli occhi ancora una volta.
Il vortice piano, piano rallenta. Quando si fermerà, parrà per un attimo che tutto si sia sistemato, nausea passata, capelli di nuovo a posto, sensazione di sollievo. Normalità. Poi credo verrà quell'istante in cui mi accorgerò che tutto intorno è un pasticcio. Qualcosa in cocci, qualcos'altro al posto sbagliato. Altro ancora zeppo di polvere. Rimettere insieme, ogni cosa al suo angolo, costerà altrettanta fatica, ma è pur vero che i ricordi di una vita, ne alimentano un'altra. Forse un'altra ancora ed il turbamento lascerà spazio ad una smorfia ed infine ad un sorriso. Ed il baule conterrà un tesoro degno dei racconti più belli.
Mi sembri tanto magro.
Il mio, ormai celebre, amico conte mi ha detto giusto qualche ora fa: ormai ti rendi conto di quanto facciamo schifo, perché siamo bellissimi, con un gran cuore e capaci di gesti meravigliosi, ma lo dimostriamo solamente in queste occasioni. Ho vissuto di gesti. Piccoli, improvvisi. Inaspettati. Mi hanno riempito e commosso. Mi hanno schiaffeggiato. Ed è stato intensissimo.
Quel che è. Quel che è stato e quel che mi rimane è un legame chimico, indissolubile. Difficile da descrivere. Come la magia, d'altronde, no? Sono convinto, con paura, ma forse anche sollievo che questa connessione elettrica, oltreché biologica abbia per l'ennesima volta fatto sì che si realizzasse quanto ti avevo domandato. Per l'ultima volta. Questo mi scuote, mi commuove e mi destabilizza.
Pur sapendo che è stato il mio modo di dirti grazie ed il tuo di chiudere, facendomi l'occhiolino e sparandone una delle tue. 

3 commenti:

Annachiara ha detto...

Bella, Fede.
Leggo oggi una cosa scritta mesi fa, con la profondità e la leggerezza che ti contraddistinguono.
E si va avanti. Con lo zaino in spalla. Ma questo, sicuramente, lo sai.
Un abbraccio

takajiro ha detto...

Che piacere rileggerti qui, mia cara.
Ora torno pure dalle tue parti.
E' troppo che latito. Dal mondo blog in generale per la verità!

Anonimo ha detto...

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