Polaroid nel cassetto.

Rido, non sorrido, rido. Forte ed a bocca aperta, con gli occhi chiusi e le lacrime che schizzano

Ruoto su me stesso correndo qui e là, perché è troppo difficile restare in un punto fisso. Intorno a me un prato di erba alta, fiori di montagna ed un pendio. E poi ancora vento e sole e acqua che scorre rumorosa.
Rido perché pensavo di aver trovato la strada ed invece mi sono accorto che non la sto più cercando, per cui mai la troverò, ma ora non mi importa più. Mi importa solo di suonare il pianoforte che qualcuno ha sistemato sotto quelle rocce, l'eco delle mie note arriverà in cielo, così la forza con cui spingerò i tasti deciderà i venti e le tempeste e mi troverò a suonare sotto un diluvio di acqua gelida. E riderò tremolante. Alzo la testa con gli occhi chiusi, apro di nuovo la bocca e mi nutro di quella pioggia.
L'acqua gelida mi entrerà nel sangue e lo tempererà, scatenando la terribile veemenza con cui il mio cervello sceglierà note più grevi, con cadenza ritmica e folgorante. Gli acuti, interrotti da suoni bassi e sospetti mi mettono la pelle d'oca, rallento la velocità dei miei colpi e la pioggia si fa meno fitta, mi colpisce meno vigorosa, quasi ad assecondare una scenografia non voluta. Non ho ancora abbassato la testa, ma torno a respirare senza fatica, riprendo ossigeno e vigore. Ricomincio a seguire gli impulsi della mia mente con crescente rapidità. Un lupo mi osserva da poco distante, ruota il capo verso sinistra a manifestare il proprio sgomento. Solo pesantezza e spossatezza sui tasti ed inizio a ciondolare. Investito dalle solite paure resto aggrappato alle corde del pianoforte, sfogo l'inquietudine sulla musica, non vorrei mai smettere di schiacciare quei tasti, spaventato da ciò che ho intorno scappo.
Ritorno dietro casa senza mai voltarmi perché avverto il fiato caldo ed umido del lupo dietro me. Scappo, ma non ho più modo di entrare in casa, il destino si è compiuto, forse le mie colonne di ercole sono infine arrivate, più in là non posso andare e lui dietro aumenta il passo ed ormai mi è a pochi metri. Mi siedo sulla stessa panca in cui ho pianto e sorriso, in cui mi sono riposato ed in cui ho aspettato. Carne al legno. Il lupo rallenta, ma non smette di avvicinarsi poi si arresta a pochi centimetri dalla mia gamba e lì appoggia la sua testa, mi osserva ruotando solamente gli occhi. 
Poi si stacca e si accovaccia sui miei piedi e lì si addormenta.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

É sempre bello leggervi ..

 

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