Come quando fuori piove.


Non sono mai stato uno che realizza le cose al volo. Mi ci è sempre andato un po'. Il punto più che altro è che non sono mai stato uno che perde troppo tempo a pensare a quelle cose. A contorcersi su un problema, su di una situazione. Semplicemente per me le cose vanno come devono andare. Quindi bene. Qualunque cosa succeda.
Questo, come dicevo, fa in modo che io realizzi le cose con i miei tempi. 
È valso per la morte di mio nonno, per il quale fino ad un certo punto ho creduto fosse solo una questione di trovare la cura giusta. La pillola azzeccata. 
È valso anche per l'arrivo di mia figlia e di come questo evento abbia profondamente segnato la mia vita, per sempre.
È del tutto naturale, dicevo. Un processo "leggero". 
Fino a quando l'amica che mi incide la pelle di quando in quando mi ha aperto gli occhi con una domanda semplicissima. E immensa. 
"Non moriresti per lei?"
"Beh certo." 
Leggero un corno. 
Palla al centro.
Sta succedendo di nuovo. Ora. Potrebbe semplicemente essere il mio modo di negare una realtà che non mi piace.
Potrebbe essere una deriva fanciullesca, quando ti bastava chiudere gli occhi per non avere più paura. Quando era sufficiente un abbraccio forte ed un bacio in fronte. Potrei provare in fin dei conti. Sono pur in debito di qualche stretta.
Ciò che voglio dire, chiuso in macchina sotto la pioggia, non è chiaro neanche a me in effetti. Credo sia il bisogno di esorcizzare questa angoscia e chiudere il magone nel cruscotto.
Credo sia un po' come quella cosa che ti prende alla fine dello sterno. Che ti sembra l'assolo di sultan of swing, che non puoi non chiudere gli occhi e scuotere la testa, rivolta all'insù.
E quando li riapri, il pezzo è finito. 
E tutti applaudono. 
E sorridono.

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