Altra tappa, altra corsa.

Altro sabato da emozioni. Continua il Giro della morte per Capitan Cionfoli e compagni. Sabato mattina, partenza fissata per le 11:00, dal momento che Teppevocic deve risolvere prima alcuni problemi con gli sponsor. Orfano di Parellov, a Roma anch'egli per motivi promozionali, il gruppo acquista il bielorusso Alexey Desandrey, altro ottimo elemento. Si fa sul serio e la partenza è subito dura, con piccoli problemi meccanici per Massach. La strada da percorrere è lunghissima, si punta dritti al Colle del Gran San Bernardo, impresa che appare impossibile nelle ore che precedono la partenza. Giornalisti e addetti ai lavori non hanno paura di usare parole di fuoco, come pazzi, o banda di malati di mente, o ancora profetici non ce la farete mai. Restano i fatti ed un proverbio che recita più o meno così: quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare! Poche storie allora, poche parole. Il quintetto parte, come detto la strada è subito salita aspra, il vento spesso ci accarezza, a volte ci schiaffeggia. Gioca con le nostre schiene curve sulle biciclette, spingendoci su ora, tirandoci giù adesso. I cinque compatti proseguono, quando arriva il primo guaio serio della giornata. Lo sfortunato Massach deve fermarsi per alcuni minuti per rivitalizzare una parte del suo corpo piuttosto delicata ed importante...resa anestetizzata dalla sella. Si vivono alcuni minuti d'ansia, ma poi il paffuto pennellone rialza la testa (si fa per dire naturalmente!), dà segni di vita. Un'aggiustatina alla sella, una variazione di qualche grado e si riparte verso l'epica scalata. I chilometri vengono macinati, ma il gruppo si sfalda, il Capitano ed il tedesco sono staccati, Thiebano, Teppevocic e Desandrey, più agili in salita, si fanno riprendere lungo il piano che porta alla prima breve sosta per ricaricare le borracce, gran lavoro per Massach che aiuta un Cionfoli in piccola crisi. Passati alcuni minuti la carovana riparte. Si sale, alla volta si Saint-Rhemy, secondo check point per i ciclisti, con punto di ristoro. La strada comincia ad inasprirsi un po', le gambe iniziano a sentire la fatica e le teste devono svolgere un gran lavoro. Intorno alle 13:00 i nostri eroi si prendono qualche minuto di riposo. Sono momenti in cui ci si scambia le impressioni, ci si fa forza a vicenda, senza trascurare i tentativi di sciogliere i muscoli, di rifocillarsi con zuccheri e carboidrati che potranno essere di lì a poco i migliori compagni di viaggio. Qualche bottiglietta di thè offerta dalla famiglia Thiebano, trasferitasi dalla Colombia. Ed infine si rimonta in sella. La strada è ancora lunga, ma soprattutto come si dice in queste occasioni, il peggio deve ancora arrivare! Si pedala con Thiebano che apre e Massach che chiude il gruppo, poi il Colombiano avverte "ora è finita la pacchia, fino a qui si è scherzato", si guarda in avanti e la strada sembra una parete. Stesso scenario visto in precedenza con il Tedesco ed il Capitano che perdono il contatto coi tre fuggitivi, il bosco aiuta a proteggersi dal sole che in queste occasioni può essere personaggio malandrino della storia, l'amico che è pronto a giocartela sporca. Dopo una quindicina di minuti il plotone è costretto ad un'altra breve sosta. La strada è sbarrata. Ancora chiusa dopo il freddo e nevoso inverno. Naturalmente non per la nostra sfida. Si issano le bici al di là della sbarra e si dà un'occhiata verso l'alto. Dopo aver visto cosa ci attende lo sguardo fluido continua verso il cielo "ma chi me l'ha fatto fare!?" Il bielorusso Desandrey deve abbandonare i compagni, la sua tabella d'allenamento è chiara. Non si procede oltre. Il gruppo rimane in quattro, come già la settimana precedente. D'ora in avanti si risparmia il fiato. La salita si fa davvero dura, intorno a noi un paesaggio d'altri tempi, di quando si correva per rabbia o per amore , la temperatura si fa sempre più fresca, le montagne sono sempre più minacciose, a strapiombo su di noi. La neve si fa mano a mano più presente, più compatta. Sempre più alta. La scalata diventa una vera e propria sfida. Ai propri limiti, ai propri muscoli, alla propria testa. Thiebano e Teppevocic ne hanno di più, prendono un bel vantaggio. Cionfoli e Massach sono decisi a non mollare, qualunque cosa succeda, ma soprattutto qualunque cosa passi nei loro cervelli. Intorno a 7 chilometri dalla storia, una tremenda crisi di fame coglie il Tedesco. Soccorso dal Capitano si sfama con un atroce cioccolato. Inevitabilmente gli sguardi corrono su per i pendii, poi si incrociano. Giusto qualche parola di conforto e si riparte. La pedalata sempre più pesante, meno fluida. Il dolore ormai è diventato compagno di viaggio fisso. Non ci lascia neanche un attimo. La schiena, le gambe. I nostri corpi continuano a dare segnali chiari, limpidi e precisi. La resa sarebbe la risposta che il fisico si aspetta. Ma dove a volte il fisico sembra non riuscire ad andare, ci arriva la mente. Il cervello, aiutato dal cuore. Prendono per mano muscoli e ossa e scacciano la resa. Altri chilometri con la testa bassa, a guardare per terra per non accorgersi che è ancora lunghissima. Poi il momento più difficile. Capitano e Gregario, coi compagni lontani, a terra. Sdraiati sull'asfalto, fitte pressanti e occhi chiusi, A cercare le forze per rimettersi in sella. Intorno a noi solo il rumore del vento, i fischi di alcune marmotte. Infine le urla stridule di un'acquila. Occhi spalancati si guarda in cielo, l'immagine vista più volte alla tv di rapaci che volano in cerchio, sopra alla carcassa della loro futura preda è un'iniezione di adrenalina. La vetta ci attende. Alcuni fuori programma ci allietano l'agonia finale, ancora marmotte o un simpatico cane che si offre di tirare Teppevocic nelle ultime centinaia di metri.
La neve è ora altissima, i muri che si trasformano in bianca trincea lucentissima offrono uno spettacolo da lasciare senza fiato, e già non è che ce ne sia moltissimo! Ma i metri finali ora sono vicini. Il lituano e Thiebano sono su, in cima, a riprendere le forze. Massach e Cionfoli continuano a farsi coraggio l'un, l'altro. A ricordarsi che mai si mollerà. Che è quasi fatta. L'ultimo chilometro è scandito a voce alta. Le segnalazioni a bordo strada vengono chiamate con voce sempre più alta. 900 metri, 800 metri, 700, 600, 500...quando ne mancano ormai una ventina l'urlo liberatorio del capitano è il segno che l'impresa è stata portata a termine. Che anche questa volta il gruppo ha funzionato!
I due compagni aspettano, come previsto cercando le forze per il ritorno. La felicità però è enorme, al pari della soddisfazione. I dolori alle gambe non rovinano i minuti sdraiati sull'asfalto caldo. Si mangiano le ultime provviste rimaste.






Poi ci si guarda intorno, lo spettacolo offerto dal Colle è magnifico. Neve e lago gelato. E la foto del gruppo unito alla meta.








Rimane il tempo per coprirsi bene per la lunga discesa e per un'ultima foto, racchiusi tra i muraglioni di neve. Infine il gruppo punta deciso a valle, con i primi chilometri di discesa resi fantastici dalla totale assenza di automobili. Solamente noi, le nostre biciclette e le solite marmotte che continuano a fischiare e le più impavide ad attraversarci la strada, velocissime. Ancora un saluto alla famiglia Thiebano e ci lanciamo verso le rispettive case. La discesa piacevole, la temperatura ideale e negli occhi ancora le fantastiche montagne. Ma di lì a poco chi vi scrive si ritroverà agonizzante nel letto..naturalmente solo dopo essere entrato dentro al frigorifero ed esserne uscito dopo averlo svuotato!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

...descrizione come al solito perfetta!
Potevi però mettere la gigantografia della tua foto una volta giunto in vetta...ti saresti risparmiato un po' di parole per fare capire il tuo stato...
Chapeau!

P.S è tutta salute!!!!!!

giovi ha detto...

mi sento stanco io a leggere... ma come fate??

takajiro ha detto...

Caro giovi, preparati perchè alla prossima visita in Valle non scappi da una grande uscita di gruppo...già mi par di sentire...ghuuu ghuuu ghuuu..le dolci melodie del copertone sulla strada!

 

Modulo di contatto

Nome

Email *

Messaggio *