Vi racconto un mio sogno.

 

Il ciclismo è uno sport romantico. 

Lo è secondo me, quanto meno. E lo è anche perché mi ricorda immagini, affetti e suggestioni che restano vivide nonostante l’incedere vispo di questo dannatissimo tempo.

Credo proprio che lo sia, perché ogni bambino quando sale su una bici, crede di poterci andare in capo al mondo; è il suo primo strumento di libertà probabilmente. Ed il suo modo di assaggiare per la prima volta quel gusto di infinito sul viso che ti dà il vento. 

Alvento, come si dice. 

Solo con il tempo, poi, secondo me, sei in grado di disegnare quel senso che provi. 

Di dargli forma e colore.

Si dice che uno scarno bagaglio lessicale sia un grosso intralcio; ed è vero. Lo è perché anche qualora la tua sensibilità sia particolarmente spiccata, senza le giuste parole, o i termini adeguati, non sei in grado di narrare a fondo quella vertigine nello stomaco. 

Quella trepidazione. 

Ed allora secondo me, un po’ se ne perde.

Si smarrisce un poco di quell’antitesi emotiva che ti fa sentire felicemente svuotato di ansie quotidiane ed al medesimo istante colmo di colori, di odori, di quel suono che si incunea acuto e rapido e fischia l’aria tra le orecchie. 

Così mi capita spesso di emozionarmi quando leggo di ciclismo: di corse, di imprese o anche più semplicemente di viaggi, di rincorse lente verso l’esplorazione di luoghi che puoi attraversare al ritmo del tuo cuore. Del tuo respiro. Ad una velocità che spesso è inversamente proporzionale alla bellezza di ciò che ti circonda perché, che diamine, quanto è incredibilmente bello sorprendersi ancora del bello. Farsi meravigliare dal bello. 

Perdere i secondi a guardare un orizzonte sul mare o alzare il naso verso le asperità di roccia ed alberi.

Il verde, la nebbia. Il calore dei primi raggi del mattino, una fontana di acqua gelida. Animali al pascolo o campi colorati. Un borgo medievale, un rudere abbandonato come traccia di un passato distante.

Il romanticismo, dicevo. 

Ecco, secondo me, nessuno te lo insegna.

Ti si forma dentro, un giorno dopo l’altro. E, soprattutto, non ce n’è uno. Né uno uguale ad un altro. Il mio, di romanticismo, ha due ruote (e che non me ne si voglia) e ha radici lontane ormai. Sa di Saila alla liquirizia e di divano in pelle. Ha quel profumo di aquavelva e caffellatte, conserva di pomodori e la 5.000 lire.

Quel romanticismo affonda nei ricordi di pomeriggi caldi e afosi, del mio nonno davanti alla TV e di salite con il cappellino e senza il casco. Colori sgargianti. Una cosa di altri tempi, insomma.

Il latte con i biscotti ed un’esaltazione che mi lanciava fuori casa come una molla ad inforcare il mio rampichino - che la MTB è figlia di un mondo nuovo - e via a far finta di essere uno vero sulle prime salite vicino casa.

Ma quel romanticismo è anche il vettore che mi fa fantasticare ad occhi spalancati.

Leggo di itinerari in Patagonia o in Alaska e scopro il deserto di Atacama. Immagino le asperità dei Pirenei, la Via del sale. Il Sud Africa o il Costa Rica. Le Classiche del Nord, la Corsica e l’Islanda.

Guardo le fotografie ed immagino quel che potrei provare immerso in quelle rotte. Alterno un viaggio solitario, ad uno con qualche stretto compagno fino a fantasticare di noi quattro, in fila. 

Proprio come i quattro orsi che mi piace ci rappresentino in salotto, nel quadro della nostra amica. 

Trattengo il fiato per simulare l’apnea che si prova spesso e chiudo gli occhi.

Mi ritrovo seduto contro una roccia a godere di qualche boccata di tabacco, un sorso di un liquore di erbe selvatiche lontane, il sole ancora caldo che lentamente scende di fronte a me, là sulla destra e la matita con cui scrivo righe di pensieri. Per fermare tutto e non farlo scappare tra le dita, come granelli di sabbia spinti in ogni direzione da un vento irregolare. 

Sopra la mia testa, grossi uccelli scherzano e si divertono restando immobili in volo, sorretti solo dalle correnti.

Ancora un sorso e chiudo questo non viaggio fuori dalla mia tenda rossa.

Tempo di pizzicare i freni dell’immaginazione e di spegnere la frontale.

Domani è un altro giorno e in un modo od in un altro, tocca pedalare.

Ascolta la puntata del podcast "Passaggi a Nordovest".


Ascolta "La bici è uno strumento di libertà: storia di un sogno" su Spreaker.

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