L'anno che verrà.



Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po'.

E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò.

L'anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va.

A dieci anni dal "Ciao" di Lucio Dalla, è tutto il giorno che penso alla Sua canzone che più mi è rimasta tatuata addosso, senza riuscire a decidermi; senza trovarne una da pubblicare sui social, ormai tanto centrali nella vita di tutti noi. 

Questo intimo odio-amore.

Il prolungamento delle personalità di molti di noi conserva un'ombra lunga che non ho più voglia di provare a decifrare sotto nessun profilo: sociale, culturale o sociologico. 

Sono uno spettro, sono un megafono, sono una maschera. Siano ciò che sono e tanti saluti.

Talvolta servono da piccola cassa di risonanza per gesti che vogliono essere semplice riconoscimento ed omaggio a chi - per lo più inconsapevolmente - è stato fonte di ispirazione. 

Ammirazione. Dannazione. Emozione, in ogni caso.

Alla fine, mi sono arreso e ho fatto una scelta forse non scontata, perché in fin dei conti, talune ispirazioni sono state infinitamente più alte ed accorate; tuttavia, l'incipit di questo pezzo, stasera, mi ha catturato e portato con sé in una dimensione di accoratezza e speranza.

A ben guardare, sono stati anno che verrà tremendamente ostici e difficili da affrontare, che hanno scoperchiato il meglio ed il peggio di tanti di noi che spesso, anche genuinamente, abbiamo tentato di non annegare in preda ad una burrasca inimmaginabile.

E' maledettamente faticoso restare in equilibrio sopra una centrifuga che attira senza pietà verso l'oblio.

Ed ognuno di noi lotta con gli strumenti che ha; questo non è per forza una colpa.

Ma le note di questa canzone sono state usate nella classe della mia piccola primogenita mesi fa quando, chiuso un importante capitolo della sua vita, se ne stava per aprire un altro; uno che rappresenta per i cuccioli di uomo un passo forse decisivo verso un'emancipazione umana e personale irreversibile che - vivaddio - porta questi piccoli esserini a germogliare definitivamente.

E' un inno alla speranza che il cambiamento sbandiera come un proselito, pur celando, nella lettura a posteriori, delle ombre spaventose.

Ma la televisione ha detto che il nuovo anno

porterà una trasformazione  

e tutti quanti stiamo già aspettando.

L'attesa verso un domani migliore ci ha logorati lentamente, con crudeltà gratuita ed inaudita e la forza di resistere, promuovendo il meglio di noi è venuta forse a mancare.

Le mie, personalmente, sono ore angosciose: paura, impotenza, incomprensione sono le sfumature di un quadro che difficilmente si riesce ad immaginare concluso e lucente.

Francamente, ho perso la bussola che mi ha spinto ad aprire questa pagina e riprovare a mettere idealmente nero su bianco un fiume in piena di pensieri umorali, perché questo sono.

Bisogna anche essere capaci di riconoscere le ciambelle riuscite meno bene e fare un passo indietro.

Bene. 

Avrei voluto omaggiare Lucio Dalla, luce perpetua di come parole e note possano regalare nuovi spazi ed orizzonti infiniti.

Avrei voluto trovare in questo, un sentiero di leggerezza, da percorrere con le mie figliolette, tranquillizzandole a dispetto delle crudeltà del mondo.

Avrei voluto finire questo Ripasso, stordirmi e svegliarmi domani senza tristezza nel cuore; senza un assurdo senso di colpa. Senza imbarazzo.

Avrei voluto balzare nel tempo, indietro soprattutto, ed accarezzare, sospirare e lanciare una pallina da tennis consunta, voltarmi e ridere nel diventare grandi.

Il disincanto è la peggior sorpresa. 

Ma bisogna guardare avanti. 

Con speranza, certo, ma con gran forza.

Vedi caro amico, cosa bisogna inventare

per poter riderci sopra

per continuare a sperare.





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